Importata dal Brasile, la disciplina sportiva a metà tra arte marziale e danza sta conquistando un numero sempre maggiore di giovani. Anche in Italia
Danzano, cantano e "combattono"
tra i giovani trionfa la Capoeira
di FEDERICA FORTE
Danzano, cantano e "combattono"
tra i giovani trionfa la Capoeira "
Un momento dell'allenamen
ROMA - Tutti in cerchio, vestiti di bianco. Suonano e cantano, accompagnano i due sfidanti che si affrontano nella "roda". Ha inizio un combattimento fatto di movimenti studiati che si trasformano in gesti armoniosi, seguendo il ritmo della musica, le urla della folla che partecipa, incita, si diverte. È la Capoeira, disciplina importata dal Brasile, a metà tra arte marziale e danza, che sta conquistando un numero sempre maggiore di giovani in tutta Europa.
A cominciare dall'Italia, dove le scuole dedicate allo sport brasiliano si moltiplicano e diventano affollati i corsi per capoeiristi nei centri sportivi universitari. Anche i pubblicitari la utilizzano per promuovere modelli di scarpe (la Capoeira, però, si fa a piedi nudi); a partire dalla primavera, inoltre, si susseguono i "batizados", ossia i "battesimi" dei nuovi arrivati, ai quali viene consegnata una "corda" (simile alla cintura di karate) a seconda del grado di abilità e di esperienza. Ce n'è uno quasi ogni fine settimana in diverse zone della penisola: l'ultimo, organizzato pochi giorni fa a Roma dal gruppo Soluna, ha messo insieme oltre 200 persone da Italia, Olanda, Gran Bretagna, Brasile. E ogni volta è sempre una festa.
Forse è ancora troppo presto per capire se il fenomeno Capoeira sia solo l'ennesima moda - sportiva o culturale - d'importazione, ma ciò che incuriosisce è il picco di popolarità di una disciplina in cui l'elemento competitivo, predominante in ogni attività agonistica, anche di squadra, è parcellizzato, ridotto al minimo. Il che la renderebbe, per sua natura, lontana dal modo occidentale di vivere lo sport.
Nella lotta-danza brasiliana, infatti, non sempre c'è un vincitore: la sfida si trasforma in gioco, il combattimento in danza, l'offesa in scherzo. Tra un attacco e una difesa, un'acrobazia e una "ginga" (il movimento di base), non resta molto spazio ai colpi violenti, anzi, spesso ci si sfiora soltanto. I compagni più bravi sono ammirati e non invidiati, l'allenamento conta, ma solo per se stessi.
"E poi c'è rispetto per tutti i membri del gruppo, dal principiante all'istruttore", racconta Pietro, milanese, ultimo arrivato e già folgorato dalla disciplina. "Il bello della Capoeira è che non ci si annoia mai: c'è sempre tanto da imparare, si deve saper fare tutto, dai canti ai movimenti, fino all'uso degli strumenti tradizionali, come il 'berimbau' o il 'caxixi', con i quali si accompagna la lotta durante la roda", prosegue.
"Il combattimento, poi, sviluppa l'immaginazione, l'improvvisazione: allenarsi è faticoso ma diventa piacevole e stimolante". Quasi la ricerca di una tattica personale: del resto, spiega ancora Pietro, "la qualità per eccellenza del capoeirista è la 'malandragem', a metà tra scaltrezza e malizia, ossia l'arte di ingannare attraverso trucchi, finte, la capacità di anticipare i movimenti dell'avversario e di rispondergli con prontezza, creando una coreografia unica". Così si dimostra la propria superiorità, e alla fine ci si ritrova tutti insieme, di nuovo, in una danza - una sorta di samba - che è puro divertimento.
Che cosa ha la Capoeira, allora, che le altre discipline sportive non hanno? "La radice del suo successo, in Italia come nel mondo, risiede nell'allegria che questo sport straordinario è capace di trasmettere, nella sua dimensione corale", spiega il maestro Railson, brasiliano di Arraial d'Ajuda, paesino di pescatori nella regione di Bahia. Lì ha fondato la sua Accademia e il suo gruppo "Capoeira Sul da Bahia", poi '"importata" a Milano dal suo giovanissimo allievo Pedro.
Allegria, però, non vuol dire leggerezza: per molti brasiliani, anzi, la Capoeira è un vero e proprio stile di vita; uno sport e insieme un rituale, una filosofia: "L'allenamento richiede molta pazienza e la rigorosa disciplina interiore tipica delle arti marziali - continua Railson -. Ma allo stesso tempo la Capoeira è una danza, un gioco divertente. Che non è individuale - anche se il singolo è di volta in volta protagonista nella "roda" - ma necessita della presenza degli altri capoeiristi: dai più esperti si impara a combattere, mentre con gli altri si canta, si suona, si fa gruppo", prosegue il maestro. "Non c'è la pressione della competizione, non c'è una gara né un campionato. Ed è anche per questo che sempre più occidentali la apprezzano: con la Capoeira distendono la mente riattivando i muscoli, smettono di pensare all'imperativo della "vittoria" a tutti i costi; si può partecipare senza dover per forza combattere", sottolinea. "E poi è un'occasione per ritrovare quel senso di 'comunità' che sembra abbiate perso nella vostra frenesia di vivere".
(12 giugno 2006)
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